L'impiego di macchine azionate dall'energia idraulica nel ciclo produttivo siderurgico è generalmente indicato come una delle innovazioni tecniche "chiave" del periodo medioevale. È accertato, infatti, che in tutta Europa il processo di riduzione del ferro basato sul metodo diretto abbia subito una notevole evoluzione ed un rapido aumento della produttività grazie all'uso delle ruote idrauliche nell'azionamento dei magli e soprattutto dei mantici. L'impiego dell'energia idraulica nella metallurgia ebbe una notevole diffusione nella seconda metà del XIII secolo ed agli inizi del XIV. Alcuni indizi ricavabili dai documenti alto medioevali portano ad ipotizzare che, tra IX e X secolo, artigiani specializzati ("fabri") iniziassero la produzione di nuove leghe ferrose, che consentivano la produzione di manufatti molto brillanti e resistentissimi. Si trattava, come accennato prima, dei primi esperimenti di fabbricazione artigianale di acciaio.
Nel corso del Duecento si affermarono i mantici idraulici la cui tecnologia è molto più complicata ed innovativa rispetto a quella delle precedenti macchine azionate dall'energia dell'acqua, in grado di determinare un considerevole incremento della produttività. Comparvero opifici di maggiori dimensioni, gestiti su scala imprenditoriale per un'economia di mercato che nel XIII secolo era in piena espansione. In Italia la prima applicazione dell'energia idraulica alla siderurgia fu realizzata proprio in Piemonte, anche se ha riguardato solamente i magli meccanizzati, che utilizzavano un sistema di camme simile a quello già da tempo usato per le mazze battenti nella follatura della lana e nella lavorazione della canapa (usati dagli Umiliati di Alessandria). Soltanto più tardi fu adottato un più complicato sistema, necessario per i mantici idraulici, mentre l'uso dell'energia idraulica per la lavorazione dei metalli è attestato nel 1179 nella regione di Bergamo, dove il vescovo concesse diritti d'uso di un corso d'acqua in connessione ad un forno per la produzione d'argento. Questo particolare non è di poco conto in quanto l'argento era uno dei materiali privilegiati dai Templari, sul quale avevano basato buona parte della loro fortuna economica.
La tecnica utilizzata alla fine del XII secolo era molto avanzata e sono di estremo interesse i dati provenienti da una vasta indagine archeologica condotta sul sito produttivo siderurgico legato all'attività dell'abbazia cistercense di Bordesley, in Gran Bretagna. Lo scavo ha evidenziato un complesso sistema di controllo delle acque di un fiume prossimo all'abbazia, mediante la creazione di canali di deviazione, canali di drenaggio, bacini di raccolta. Il bacino principale alimentava una struttura di produzione metallurgica, più specificamente una forgia per la produzione di piccoli oggetti sia semilavorati che finiti, la riparazione di manufatti ed il riutilizzo del ferro di scarto. La fase più antica dell'attività siderurgica con impiego dell'energia idraulica è stata datata con estrema precisione a Bordesley grazie al ritrovamento di una quantità impressionante di strutture lignee nel 1174. Già in questa data, dunque, la forza motrice dell'acqua era certamente utilizzata in Inghilterra per muovere macchinari complessi, probabilmente sia magli che mantici e, nello stesso periodo, o poco dopo, anche in Italia, soprattutto nelle zone ricche di corsi d’acqua.
I Templari erano maestri nella forgiatura dell’acciaio destinato a produrre le loro spade che determinava la superiorità in battaglia dei cavalieri rossocrociati. Le loro erano infatti armi eccezionali, uniche, diverse da quelle utilizzate nel medioevo che erano spesso un coacervo di residuati sopravvissuti all'impero romano come alle invasioni barbariche, quando non erano addirittura attrezzi agricoli adattati alla bisogna. La scure del boscaiolo si trasformò nella temibilissima alabarda, dalla roncola del contadino derivò il roncone da guerra, una delle armi più usate in epoca medioevale e nel primo rinascimento. Dalla falce nacque il falcione da guerra, che in seguito divenne l'arma delle guardie di palazzo e poi dei guardiaportone delle case principesche. E poi c'erano mazze, martelli, spiedi da guerra derivati dallo spiedo per la caccia, forche, tridenti, lance, picche, fionde, archi e balestre.
I monaci-cavalieri nvece riuscirono a sfruttare gli altiforni ottenendo le prime armi in lucente acciaio, spade che assumevano perfino un grande valore simbolico. Erano ricavate da un pezzo unico, tagliato, forgiato e battuto dalle abili mani di un fabbro ed il loro peso oscillava fra il chilo e mezzo ed i tre chili per i modelli più grandi, adatti solo a combattimenti a cavallo per la loro inusitata lunghezza.
L’abilità degli artigiani, oltre che nel ricuocere la ghisa dell'altoforno fino a raggiungere il giusto compromesso fra elasticità e durezza, consisteva nel saper bilanciare il peso della lama con quello del pomolo, per consentire maneggevolezza senza togliere potenza al colpo, ottenere impugnature che si adattassero alla mano del cavaliere e che resistessero al lavorìo del sudore, della polvere e dei terribili colpi che avrebbero dovuto assorbire. Un equipaggiamento completo richiedeva la vendita di poderi e terreni, per cui solo i nobili ed i Templari, il cui Ordine era ricchissimo, potevano permetterselo. La manutenzione di tutto l’armamentario era continua e costosa. Bisognava riparare i danni dei colpi e quelli causati dalla ruggine, soprattutto per quanto riguardava le parti a contatto del corpo, quali l'elmo, il camaglio e la cotta di ferro. All'epoca erano usati due diversi tipi di spada: una spada lunga piatta a due fili, da usarsi soprattutto di taglio, e uno stocco d'arme, portato in genere alla spalla, usato per i colpi di punta.
Già al tempo dei Romani nei forni erano stati introdotti i minerali di ferro alternati a strati di legna o di carbone di legna. Alla base del focolare si praticava un'apertura attraverso la quale era possibile ottenere un tiraggio naturale che permetteva la combustione necessaria per produrre il calore, mentre i gas servivano al processo chimico di riduzione dagli ossidi di ferro al metallo vero e proprio, che era estratto sotto forma di blocchi ed ammassi spugnosi. Questo materiale, assorbendo piccole quantità di carbonio dal combustibile, poteva già definirsi acciaio.
Le armi d’acciaio si ammantarono subito di un alone di mistero: erano ritenute indistruttibili e dotate di straordinari poteri, e chi le brandiva terrorizzava gli avversari perchè ritenuto invincibile. Alle spade d’acciaio si dava un nome e, fra tutte, la più nota fu Excalibur, la “spada nella roccia”. Ed è in Toscana che si può ammirare l'unica, vera, spada nella roccia esistente al mondo che si trova in un luogo situato a 33 km da Siena, andando in direzione di Grosseto, nella valle del fiume Merse. Per poterla vedere occorre raggiungere il pianoro dove sorge l'abbazia cistercense di San Galgano, quindi la chiesetta del Monte Siepi che sorge sulla collinetta accanto. La storia di questi luoghi risale al XII secolo. Ammantata di templarismo, assume importanza grazie alla figura di San Galgano Guidotti, un cavaliere di Chiusdino che decise di rinunciare a tutti i beni, perché inutili, dedicandosi solo alla preghiera ed alla cura dei bisognosi, come S. Francesco. Secondo una leggenda, gli apparve l'arcangelo Michele che gli disse dove costruire un eremo. Fu così che Galgano, in segno di rinuncia alla vita cruenta trascorsa fino a quel momento, conficcò la sua spada nella roccia sul Monte Siepi, per poterne adorare l'elsa come croce di Cristo e farsi monaco cistercense. Morì nel 1181 all'età di soli 33 anni e dopo quattro anni fu santificato.
C’era da chiedersi, a questo punto, come avessero fatto i Templari a giungere alla scoperta dell’acciaio utilizzando una tecnica altamente specializzata, con utilizzo di forni rivoluzionari per i quali non era possibile risalire alla cultura occidentale del tempo. Si trattava evidentemente di una tecnologia “mutuata” da popoli di un’area geografica diversa dall’Europa conosciuti dai Poveri Cavalieri di Cristo. Si dice che Ugo Peano e compagni avessero rinvenuto molti documenti preziosi nei sotterranei del tempio di Gerusalemme (forse proprio quelli del tempio di Salomone) che non riguardavano solo aspetti esoterici, religiosi e misteriosofici, ma anche formule chimiche, alchemiche e tecniche costruttive, sulla base delle quali si sviluppò la straordinaria abilità dei Templari a cimentarsi nella costruzione di splendidi edifici, mirabili per razionalità e robustezza. I Templari scoprirono anche qualcosa di unico che riguardava l’origine di un popolo, il popolo eletto, gli Ebrei, e vennero a sapere che provenivano dalla Mesopotamia dove aveva prosperato forse la più grande cultura dell’antichità, quella dei Sumeri (è molto probabile, fra l’altro, che il Vecchio Testamento sia una trascrizione di testi mesopotamici). Forse gli Ebrei erano essi stessi Sumeri, dei quali, ad un certo punto della loro storia, non si seppe più nulla o quasi, fatto salvo che possano essersi “trasformati” in Ebrei, appunto. Intorno ai Sumeri aleggia il mistero, dovuto in gran parte all’incerta attribuzione etnica (qualcuno si è spinto a dire che fossero addirittura extraterrestri!) ed al fatto che vantavano una civiltà straordinaria, addirittura superiore a quella degli Egizi già nel quinto millennio a.C. Hanno “creato” il verbo, cioè la scrittura, dando significato agli ideogrammi ed un senso alle frasi (“In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” - Vangelo di San Giovanni), inventarono la ruota ed il carro trainato da buoi, asfaltarono le loro strade, costruirono città di mattoni dotate di sistemi urbanistici (acquedotti, fognature, strade) che farebbero sfigurare molte città di oggi ma, soprattutto, a partire dal III millennio a.C., forse, conoscevano già la lavorazione dell’acciaio, forse grazie ad una tribù a loro vicina, quella dei Calibi. Erano dotati di armi potentissime ed indistruttibili per cui riuscirono, pur in netta minoranza numerica, ad avere la meglio su tutte le civiltà pre-sumeriche della zona compresa tra il Tigri e l’Eufrate. Forse i Calibi erano i loro fabbri, ed hanno continuato ad essere i migliori fabbri ferrai del mondo antico, anche dopo la distruzione della civiltà del Sumer, rimanendo al servizio degli Ittiti, degli Akkadi, dei Babilonesi e degli Assiri. Forse i Templari erano riusciti a mettere le mani proprio su quelle quelle formule calibiche di fabbricazione dell’acciaio.
[autore: Andrea Guenna]